Prendo spunto da un'intervista a Daniele Luttazzi per fare una riflessione sul mondo in generale e un po' su me stessa...
"L’umorista non è depresso, è malinconico, come ogni artista. Perché è sensibile alla bellezza, e sa che questa bellezza finirà."
Leggendo questa affermazione non posso non sentirmi chiamata in causa. Non per la superbia di considerare me stessa un'artista, né un'umorista. Partirei, anzi, dal dubbio sull'essere depressa o malinconica: mi sono spesso chiesta se il mio atteggiamento nei confronti dell'universo fosse dettato dall'universo stesso o se dipendesse piuttosto dalla mia naturale tendenza all'eterna insoddisfazione. E' probabile: esistono persone che si lamentano di continuo riguardo a tutto, ma non fanno niente per cambiare la situazione e si divertono ad incolpare il prossimo (meglio noto come: "la gente") dei mali che attanagliano il mondo. Ho avuto seriamente paura di essere diventata una di loro, ma sono giunta a questa conclusione: la diagnosi era sbagliata. Ma non solo: ho capito, dopo lunghe e faticose riflessioni, dove risiede la causa del mio "mal du siècle". Io non soffro di depressione cronica, non sono l'eterna insoddisfatta né "vittima di vittimismo", sono solo più sensibile rispetto ad altri a quello che mi accade attorno. Non è detto, però, che l'ipersensibilità sia un bene: sono certamente del parere che l'indifferenza sia il principale risultato della Storia vissuta e prodotta fino ad oggi, risultato diventato a sua volta causa del mondo in cui viviamo oggi e delle pagine di Storia che stiamo scrivendo. Una conseguenza che diventa causa: è il mondo, la Storia, la vita: un ciclo infinito. Tuttavia, la stessa sensibilità di cui il mondo necessiterebbe per uscire da questa cupa ed opprimente cappa di noncuranza può portarti lentamente alla follia. Provateci a vivere senza avere nemmeno il tempo di godere di un successo per più di 5 minuti perché siete troppo preoccupati a struggervi di dolore pensando a quando tutta questa positività avrà fine... E qui il confine con l'empatia diventa molto sottile, quasi impercettibile, mentre si lega al pessimismo e ad una punta di preveggenza quando, osservando il mondo con occhi sensibili ed attenti alle sfumature, si riesce a guardare al di là delle apparenze, mentre la disperazione per ciò che non sarà mai si sostituisce alla speranza che le cose belle durino per sempre.
"L’umorista non è depresso, è malinconico, come ogni artista. Perché è sensibile alla bellezza, e sa che questa bellezza finirà."
Leggendo questa affermazione non posso non sentirmi chiamata in causa. Non per la superbia di considerare me stessa un'artista, né un'umorista. Partirei, anzi, dal dubbio sull'essere depressa o malinconica: mi sono spesso chiesta se il mio atteggiamento nei confronti dell'universo fosse dettato dall'universo stesso o se dipendesse piuttosto dalla mia naturale tendenza all'eterna insoddisfazione. E' probabile: esistono persone che si lamentano di continuo riguardo a tutto, ma non fanno niente per cambiare la situazione e si divertono ad incolpare il prossimo (meglio noto come: "la gente") dei mali che attanagliano il mondo. Ho avuto seriamente paura di essere diventata una di loro, ma sono giunta a questa conclusione: la diagnosi era sbagliata. Ma non solo: ho capito, dopo lunghe e faticose riflessioni, dove risiede la causa del mio "mal du siècle". Io non soffro di depressione cronica, non sono l'eterna insoddisfatta né "vittima di vittimismo", sono solo più sensibile rispetto ad altri a quello che mi accade attorno. Non è detto, però, che l'ipersensibilità sia un bene: sono certamente del parere che l'indifferenza sia il principale risultato della Storia vissuta e prodotta fino ad oggi, risultato diventato a sua volta causa del mondo in cui viviamo oggi e delle pagine di Storia che stiamo scrivendo. Una conseguenza che diventa causa: è il mondo, la Storia, la vita: un ciclo infinito. Tuttavia, la stessa sensibilità di cui il mondo necessiterebbe per uscire da questa cupa ed opprimente cappa di noncuranza può portarti lentamente alla follia. Provateci a vivere senza avere nemmeno il tempo di godere di un successo per più di 5 minuti perché siete troppo preoccupati a struggervi di dolore pensando a quando tutta questa positività avrà fine... E qui il confine con l'empatia diventa molto sottile, quasi impercettibile, mentre si lega al pessimismo e ad una punta di preveggenza quando, osservando il mondo con occhi sensibili ed attenti alle sfumature, si riesce a guardare al di là delle apparenze, mentre la disperazione per ciò che non sarà mai si sostituisce alla speranza che le cose belle durino per sempre.
2 commenti:
Cercavo questa frase di Luttazzi e mi è spuntato questo tuo vecchio post, magie di Google. Non so chi sei, ma mi ritrovo molto nelle tue parole. È bello sapere che non si è i soli a pensare (o meglio, "sentire") certe cose. C'è speranza.
Grazie mille Sacha! Pensa che solo ora ho letto questo tuo commento, scusa del ritardo...Mi fa davvero piacere che tu abbia apprezzato le mie parole, speravo di trasmettere qualcosa e soprattutto di non risultare eccessivamente "oscura". Thank you :)
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